La sera prima della Giostra: si mangia, si beve, si scherza, si tifa e si cerca in questo modo di guadagnarsi i favori della Dea bendata.
In principio, per mancanza di spazi e mezzi, si trattava di trascorrere insieme, in pochi, la vigilia della Quintana. Bastavano pochi cocomeri e un po’ di birra mischiata con la gassosa per creare l’atmosfera giusta. Poi a qualcuno venne in mente che si poteva immolare un “maiale arrosto” per ingannare l’attesa e il profumo cominciò a richiamare molte persone in più e così, sempre per quella maledetta voglia di primeggiare, si arrivò a “lu callarò” dove bollivano fagioli piccanti all’osso di prosciutto.
A Porta Tufilla questi appuntamenti di solito avvenivano vicino ai bar, qualche volta in Piazza Diaz finchè non fu assegnata la sede nel chiostro di Sant’Antonio ed allora la “festa della vigilia” si trasformò in “propiziatoria”. Per quanto ci riguarda la connotazione della nostra festa non si discosta molto dall’idea iniziale rimanendo fedeli alla filosofia “popolare” e con pochissimi euro si può consumare la cena. In più c’è la festa: la presentazione ufficiale al popolo del cavaliere giostrante e della dama, i discorsi ufficiali e la visita augurale delle autorità cittadine: l’esplosione del “tifo” dei supporter rossoneri e i ritmi sfrenati dei gruppi musicali che allietano la serata. Si tira tardi e si beve tanto, fin quasi all’alba e si sta con gli occhi ben aperti e attenti agli scherzi e sfottò da parte dei tifosi degli altri sestieri.
Il primo ad andare via dalla festa, a mezzanotte (e forse anche prima) è il cavaliere giostrante. Che si riposi, che si concentri per la gara è la priorità assoluta. Altri vegliano sulla cavalcatura. I tifosi, boccale di birra in mano, per una notte capiscono tutto di centri e cavalli: stilano classifiche e tempi. Poi si va tutti a casa convinti che vincere il palio sia solo questione di poche ore.