La nostra porta: il simbolo identitario dell’intero Sestiere
II manufatto denominato Porta Tufilla, fa parte del sistema difensivo medievale della città di Ascoli Piceno.
Ha forma quadrata con le dimensioni di circa ml. 6.50 x 2.80 per un’altezza di ml. 14.80 al colmo, realizzato in conci di pietra di travertino, e per quanto riguarda la parte sommitale, in muratura laterizia.
È la porta di accesso alla cinta muraria della città verso est in corrispondenza del ponte omonimo sul fiume Tronto, comunemente chiamato Ponte Tufillo (già ponte Vecchio e attualmente ponte di Sant’Antonio). La prima costruzione del ponte si fa risalire al tempo del vescovo Alberico nell’anno 1097, e secondo questa datazione, risulterebbe essere il ponte medievale più antico di Ascoli.
Si ritiene, però, che sin dall’epoca romana, esistesse un ponte o una passerella (forse realizzato in pietra e legno) che collegava la città di Ascoli alla zona di Campo Parignano, dove è stata rinvenuta una necropoli romana.
In epoca medievale il ponte consente il collegamento con il monastero femminile cistercense di santa Maria in Sistella, poi di Sant’Antonio (ora chiesa di SS. Pietro e Paolo), costruito nel 1258 nella zona di Campo Parignano sul terrazzamento naturale posto alla confluenza del torrente Chiaro con il fiume Tronto.
II ponte fu soggetto a restauri e ricostruzioni fino all’ultimo intervento del 1610 ad opera di Antonio De Santis e Lazzaro Giosafatti. Probabilmente, in epoca pre medievale, la porta era posta in prossimità del ponte, e successivamente viene realizzata sul sito attuale anche per sfruttare la notevole pendenza della via di accesso, che per il suo andamento, inibiva l’uso di macchine da guerra ed in particolare l’uso dell’ariete.
La porta Tufilla viene quindi realizzata in epoca medievale in posizione dominante rispetto alla via di accesso per proteggere il lato nord della città ed il nome deriva probabilmente dalla natura della fondazione formata da un banco di arenaria a picco sulla sponda destra del fiume Tronto, erroneamente chiamato tufo, da cui deriva il termine “tufilla” o “tufillo”.
La porta fu danneggiata nel 1491 a seguito dell’assalto dei “macchinanti”, fazione guelfa capeggiata da Giovanni Alvitreti che venne poi sconfitta (dopo l’assalto e la parziale distruzione della porta) dalla fazione ghibellina capeggiata da Astolfo Guiderocchi.
A seguito della distruzione nel maggio del 1551, viene trattato l’argomento della ricostruzione della porta ed il 3 agosto 1552 viene affidato il progetto all’architetto Camillo Merli che lo realizza nel 1553.
Nel libro “Ascoli nel ‘500” del Fabiani, viene riportata la descrizione delle varie fasi del progetto.
Che prevede la realizzazione di una austera porta in stile tipicamente rinascimentale. II Merli riorganizzò la torre, prevedendo sopra l’originario fornice di ingresso, una loggia tripartita con sovrastante merlatura di guardia, ed inserisce i piombatoi sul lato est in pietra, conferendo alla porta la funzione di “bertesca fissa”. La presenza di strutture atte ad una difesa piombante, al momento della costruzione, dimostra una scarsa attenzione, da parte del Merli, alle nuove forme di tecnica obsidionale, nate con il massiccio impiego della armi da fuoco.
Per comprendere l’evoluzione del manufatto nel corso dei secoli, si sono analizzate le piante storiche (alcune delle quali in forma rappresentativa prospettica) e le documentazioni fotografiche che testimoniano gli interventi in epoca moderna. Dalla veduta prospettica del 1590 di Francesco Valesio, successiva all’intervento del Merli, non è presente la loggia tripartita: la porta Tufilla è rappresentata come un semplice arco con copertura piana. Sembrerebbero visibili, infatti, alcune aperture sul prospetto, forse per indicare la presenza della loggia.
È comunque da tenere presente che le maggior parte delle vedute rappresentate nel XVI e XVII sec. sono abbastanza scarne e schematiche. La pianta prospettica di Hyeronimus Megiser del 1605, risulta più chiara rispetto a quella del Valesio. La porta viene rappresentata con quattro aperture poste simmetricamente a due a due, con copertura piana. Non sono poi presenti elementi tali da ritenere il manufatto come elemento difensivo. Probabilmente, anche in questo caso, la mancanza di particolari è dovuta alla sobrietà della tecnica dì rappresentazione. La rappresentazione del 1629 di Francesco Bertelli, sembrerebbe accennare alla presenza di aperture sul prospetto, ed a merlature superiori.
La veduta di Jacomo Marucci del 1610, riporta la torre come manufatto semplice, privo di aperture sul prospetto e con una copertura a falde spioventi verso l’esterno. Dalla veduta di Andrea Scoto del 1642, appaiono evidenti due aperture e la merlatura sovrastante a protezione del percorso di guardia. La pianta del Ferretti del 1646 riporta, nella legenda: `n. 2 porta e ponts Tufilli”e sono presenti le merlature e l’aggetto dei piombatoi sul fronte est. La prospettiva di Christoff Rieghel del 1692, conferma la rappresentazione del Ferretti per la presenza delle merlature come riportato nelle precedenti rappresentazioni: le aperture superiori sono due e non tre, come previsto nel progetto del Merli. Nel 1762 viene incaricato l’architet dell’arco mediante l’eliminazione della loggia sovrastante. II costo dell’opera fu di 90 scudi, ed il Giosafattì diresse i lavori di consolidamento.
La rappresentazione dell’Orsini (vedutista del XVIII sec.) datata 1790, ci mostra la porta con la presenza delle tre aperture ma priva di archi di copertura. Tale rappresentazione sembrerebbe in sintonia con l’intervento realizzato dal Giosafatti, teso ad alleggerire il peso sovrastante la porta. In assenza di materiale iconografico relativo al XVIII e XIX secolo, non si può stabilire con esattezza quando è stata completata la loggia tripartita attuale, a meno che essa non sia stata sempre presente, sin dall’intervento del Merli, ma mai rappresentata. Successivamente (sec. XVIII e XIX) viene realizzato un intervento di copertura della porta mediante la ricostruzione della loggia originaria (evidenziato dalla diversità dei materiali tra l’apparato murario inferiore e quello superiore) e sovrastanti timpani incompleti in mattoni che nascondono il tetto a due falde. L’intervento descritto appare nella documentazione fotografica dei primi del ‘900 e del 1920, dove fra l’altro, appare anche il nuovo ponte sul Tronto.
Negli anni ’40 e ’50 il manufatto non subisce interventi: negli anni ’60 viene effettuato un intervento di demolizione della copertura esistente e realizzazione di una copertura a capanna con quota di imposta diversa da quella originaria.Lazzaro Giosafatti di esaminare la porta e di relazionare in merito ad interventi di miglioramento statico. II progetto del Giosafatti prevede la costruzione dei muraglioni (Iato Nord e Sud) a sostegno del banco di arenaria ed un intervento di alleggerimento dell’arco mediante l’eliminazione della loggia sovrastante. II costo dell’opera fu di 90 scudi, ed il Giosafattì diresse i lavori di consolidamento. La rappresentazione dell’Orsini (vedutista del XVIII sec.) datata 1790, ci mostra la porta con la presenza delle tre aperture ma priva di archi di copertura.