“IL BUFFONE DELLA CORTE RACCONTA…” (Ep.3)

buffo11La Dama (Anni ’60)

dama

Maria non era altissima ma procace. Un viso incorniciato da una lunga capigliatura corvina dove faceva bella mostra qualche capello argentato e illuminato da grandi occhi verdi che non riuscivano a nascondere qualche ruga, segno degli anni che avanzavano ma lasciavano ancora spazio ad una bellezza che cominciava a sbiadire, ancora genuina, forse ancora infantile e sicuramente ingenua. Una bellezza ostentata, come il vistoso “rossetto” che incorniciava le labbra, alla ricerca di un principe spesso accolto ma rivelatosi presto poco regale e men che meno azzurro. Più semplicemente uomini alla ricerca dell’avventura a cui Maria si concedeva senza calcolo, sorridendo, convinta di vivere la sua favola per poi piangere lacrime ingenue di solitudine.
Quando il rullio dei tamburi e i drappi delle bandiere risvegliavano l’estate quintanara Maria compariva sull’uscio di quel fondaco attrezzato a sede. All’interno vecchi armadi carichi di vestiti, scaffali presi in chi sa quale bottega colmi di scarpe e stivali. Gonfalone appeso alla parete con la pesante stoffa di panno che si posava sulla spalliera di un vecchio divano scricchiolante e con tutte le molle fuori posto. Davanti al divano, occupati da più di un ragazzotto, una sedia e una scrivania dove l’addetto al reclutamento delle comparse scriveva, su un foglio “uso protocollo” a quattro facciate, cognome, nome, indirizzo e ruolo da ricoprire. Naturalmente su quel pezzo di carta diviso da righe orizzontali e numero dei personaggi, mancavano sempre due nomi: quello del cavaliere giostrante, per ovvietà poiché si sapeva da sempre chi fosse; quello della dama per non rovinare l’effetto sorpresa, ma già nella mente del capo sestiere.
A prendere nota dei partecipanti al corteo storico il più grande degli sbandieratori, Emidio per tutti ascolanamente “Middio”, attorniato dagli altri componenti del gruppo intenti a mettere in perfetto equilibrio pali e bandiere mentre nel corridoio giovani tamburini mettevano a bagno pelli d’asino usate poi per battere i tamburi. Un gran fermento di giovani che, finito l’anno scolastico, si ritrovavano nella sede quintanara anche per dare il lucido al gran numero di scarpe e stivali e che parlavano di Quintana ma, soprattutto, di ragazze, di approcci tentati, di schiaffi presi e di tentativi disperati per fare conoscenza con l’altro sesso che già a nominarlo, l’altro sesso, si andava in affanno e si arrossavano le guance. Ma questo non succedeva ai più grandi che ostentavano grande conoscenza del tema perché venuti in possesso delle riviste porno dell’epoca o più semplicemente dei calendarietti profumati con le pin-up in bikini con cui i barbieri omaggiavano il genitore per il taglio di capelli natalizio. La conoscenza e la visione di una foto con un pube femminile peloso o di un roseo capezzolo faceva di loro degli universitari dell’altro sesso e non potevano essere che loro ad accogliere Maria.
La donna, tirandosi via con una mano i lunghi capelli dagli occhi, si chinava sulla scrivania e con voce sommessa, dopo aver visto il vuoto in quella casella e puntandoci il dito, diceva: “Vorrei fare la dama!”.
“Ma è vecchia…” bisbigliavano gli altri ragazzi curandosi di non farsi sentire anche in commenti più pesanti che, però, facevano scattare l’inganno e la proposta indecente dell’addetto alle iscrizioni. “La dama non è stata ancora scelta – mentiva spudoratamente Middio, con un viso che non lasciava trasparire la minima emozione – dovresti venire questa sera così potremo effettuare la prova del costume”. Gli occhi di Maria si accendevano e dalle labbra rosse usciva un sorriso pieno di speranza; non si faceva altre domande, ringraziava e mandava baci con la mano, inconsapevole del tranello in cui stava per cadere.
Nel pomeriggio Middio organizzava la “prova costume” che doveva essere la più possibile veritiera, anche se altre erano le finalità.

Non tutti potevano essere presenti: solo in due alla prova costume, poi uno con una scusa doveva andar via, tutti gli altri non dovevano farsi vedere. Scelto il partner per la prova si posava sul divano il costume verde acqua della dama, insieme al copricapo di tulle e perle.
Arrivata la sera i due erano già all’interno della sede. La luce che arrivava dalla lampadina che scendeva giù dal filo appeso al soffitto non era certo la più adatta ad una prova costume ma ottima per le intenzioni di Middio che nervosamente fumava in attesa di Maria che si fece annunciare bussando leggermente alla porta: si era legata i capelli per far risaltare ancor di più il collo e indossava una vestaglietta leggera a fiori, estiva, che si attaccava al corpo mettendo in mostra le sue ancora belle forme. Tutte le certezze di Middio erano messe a dura prova ma con un groppo in gola, mentre l’altro prese il vestito e lo teneva con le braccia tese in alto per non far sporcare gli orli, disse alla donna: “Spogliati!”. Maria si guardò intorno e capì che non c’era camerino per cambiarsi d’abito ma la voglia di essere dama, anche in mancanza di un principe azzurro, era troppo forte. Abbozzò un sorriso e con tutte e due le mani incrociate prese i bordi della vestaglia e se la sfilò dal basso verso l’alto improvvisando uno spogliarello che, nell’ordine, scoprì gambe, cosce, mutande, busto, reggiseno e quando il vestito uscì al rovescio dalla sua testa, si videro anche i folti ciuffi di peli sotto le ascelle. Maria vide davanti a se due “ebeti” immobilizzati a guardarla, incapaci di ogni parola e di ogni gesto. “Datemi il costume!” disse la donna levando d’impaccio Middio e il suo amico che si affrettò nell’aiutarla ad indossarlo senza proferire parola.
Middio prese coraggio solo quando vide Maria di nuovo vestita del costume medievale. Riuscì a balbettare: “Sei bellissima!” e forse, in preda a raptus erotico per la prima volta era sincero ma, immediatamente, fece un cenno all’amico. Questi guardò l’orologio che aveva al polso, inventò un precedente impegno, salutò frettolosamente e lasciò Maria e Middio soli. Il ragazzo chiese alla donna di togliersi il costume e nel dirlo le si avvicinò per aiutarla con le mani che indugiavano fra velluti, natiche e seni fino a quando Maria non rimase di nuovo in mutande e reggiseno seduta sul divano. Mentre rigirava nel verso giusto la sua vestaglietta, Middio si sedette al suo fianco e, preso il coraggio a quattro mani, si strinse forte alla donna che provò a respingerlo ma poi, tra un sorriso e un moto di riconoscenza per quel “sei bellissima!” si lasciò toccare, baciare e si allungò su quel divano sporco e rumoroso di molle fuori posto. Middio si sdraiò al suo fianco, la strinse forte, emise un gemito di piacere. Quello fu il suo primo approccio con l’altro sesso, senza neppure spogliarsi, solo con il pensiero.
Maria, naturalmente, non fece la Quintana ma continuò a sognare presentandosi di nuovo per un paio d’anni ancora. Il copione? Sempre lo stesso e qualcuno avrà approfondito molto di più di Middio. Tutti ricordano con affetto Maria.

Il Buffone della Corte

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